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Discussione Grecia Continentale - Un itinerario Insolito in Fuoristrada

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Autore discussione: Grecia Continentale - Un itinerario Insolito in Fuoristrada
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08/10/2008 18:49:58      
Grecia Continentale Off-Road

Il Nord, un tesoro nascosto.

Testo e foto di Simone Monticelli

[url]www.advrider.it[/url]


Sono bastate due ore di Grecia, per farci capire che questo tour avrebbe lasciato il segno nei nostri cuori, un segno indelebile, la cui ferita, forse, potrà essere placata solamente con un altro viaggio e un'altra storia.
Sono le 12, un sole cocente ci ricorda che siamo ad Agosto, abbiamo appena guadato un piccolo fiume, e ora, attorno a noi, solo piantagioni di granturco e le nostre ruote immerse nel fango dei canali d’irrigazione.
Che ci facciamo qui? La nostra destinazione? La Zagoria, splendida perla della Grecia continentale che dovrebbe accoglierci per la notte, dovrebbe cullarci con il fresco vento che s’incanala nella oltremodo pazzesca gola di Vikos, la più profonda d’Europa, eppure così poco conosciuta.


Lucia under the mud!

Usciamo dai canali, e godiamo di splendidi paesaggi collinari fino al nostro primo pranzo in un piccolo paese disperso tra le montagne a nord di Ioannina, un’Insalata, classica, saporitissima e così rinfrescante, una chiacchierata con un anziano Greco che parla tre parole d’Italiano, le ha imparate durante la guerra, quando portava le sigarette ai nostri militari.
Poi si riparte, e arrivano le montagne di Vikos, con tutte le sue cascate, le sue risorse d’acqua limpida e i suoi fantastici ponti a schiena d’asino che in un turbinio di tornanti sterrati e ripide salite nel bosco ci conducono a Papigo, piccola perla della Zagoria, dove con pochi Euro ci lasciamo coccolare da una calda stanza d’albergo con addirittura due caminetti.


Vikos: Cento metri con la moto dritta è impossibili percorrerli.

E il viaggio prosegue, cerchiamo percorsi al di fuori dei normali circuiti turistici, sentieri sterrati, strade bianche, mulattiere, ma anche asfalto, le curve delle montagne dell’alto Pindo, un paese dentro un paese, dove non c’è nulla, se non abeti, pini e rapaci che ti seguono curiosi. Nulla, se per voi il nulla vuol dire tranquillità e libertà.
Corriamo per chilometri e chilometri puntando il confine nord, diretti a Kastoria rischiando addirittura di rimanere a secco di benzina, mettendo nei serbatoi un paio di taniche di carburante recuperate in una cantina, sperando che non sia miscela, fidandoci del fatto che qui, gli scooter sembrano tutti quattro tempi, dei missili che rombano come delle Harley Davidson.
Impossibile dimenticare il momento in cui in una valle nascosta, seguendo un piccolo sentiero, veniamo avvolti dalle nubi, e poi, improvvisamente infradiciati da un temporale estivo.


Lucy si interroga: “Potremmo dormire qui dentro se non troviamo un camping!”

Il viaggio prosegue, ci porta a Kastoria, cittadina ahimè famosa per le pellicce, ma da cui si può godere di un fantastico panorama sul tranquillo lago protetto dalle montagne. 700 metri di quota, a valle, temperature oltre i 40 gradi, qui, viviamo a 28, permettendoci anche di gustare la Feta Fritta senza morire nel nostro sudore.


Oltre Kastoria... pensate a perché si chiama così e piangete.

Di Greco non capisco una parola, di leggerne i cartelli figuriamoci, ma a Kastoria, giro alla ricerca di un cavo per la mia videocamera che soffre di quei problemi che accomunano tutti noi viaggiatori, le Leggi di Murphy: “Qualsiasi cosa si possa rompere si romperà nel momento peggiore!”.
Ma questa volta Murphy l’ho fregato, e il cavo rotto mi permetterà di incontrare un ragazzo che ha vissuto otto anni in Italia: “Che facevi?” gli chiedo. E lui, che ora gestisce un negozio di articoli per Skaters, simpaticamente e con l’aria sbarazzina mi dice: ”Un cazzo! Un po’ di musica, un po’ d’arte. Ma quanto è bella l’Italia!”. Poi, ci invita a casa sua, nella sua casa in montagna, ci offre da bere, ci siamo appena conosciuti, mi ha regalato il cavo che mi serviva, questa è ospitalità, ma noi dobbiamo ripartire, ci aspettano i laghi di Prespa, all’estremo nord della Grecia al confine con Albania e Macedonia.


E allora via, verso i laghi, verso quello spicchio di Grecia che è triangolo di culture.

In quest’angolo di Grecia, incastrato tra altri due stati, abbiamo riprovato la stessa sensazione di libertà provata in Africa, così, diretti a Nord anziché proseguire per la tortuosa strada asfaltata, ad una curva tiriamo dritto, sullo sterrato, senza sapere dove ci condurrà, senza porsi neanche il problema.
Decine di chilometri nel bosco e poi seguendo le indicazioni della bussola ci appare la vista del lago, enorme, un gioiello incastonato in una montatura di montagne verdi, ci appare con tutti i sui uccelli che lo sorvolano, i magnifici pellicani, i cormorani, solo loro rompono il silenzio magico di questo luogo così poco frequentato.


Prespa Lake.

Pochi turisti, noi, e due ventenni Romani a bordo di una Suzuki Katana 550, moto che non si spegne se non togliendo il fusibile principale. Anche loro, come noi, con pochi soldi a disposizione, ma ad Agios Germanos, paese sopravvalutato dalla guida Lonely Planet - che ormai ho deciso di utilizzare solo come scorta di carta igienica - ci saranno richiesti prezzi esorbitanti per un semplice letto.
Così, tutti e quattro, accompagnati in un luogo da favola, da una coppia di anziani amanti di questo luogo, dormiremo sul lago, campeggiando sulla soffice sabbia bianca protetti dalle canne che scopriremo essere il luogo di riposo preferito dei cormorani e cucinando otto salsicce sulla brace.
Un bagno nel lago, una lavata frugale e poi via, sulle montagne, tuffandoci su terreni sempre differenti, sempre avvolti da una cornice di un quadro d’autore, la natura e la sua semplice voglia di vita.


Dead Village.

Pranziamo frugalmente, con un’anguria, un’insalata e il sempre presente Yogurt, con cui i Greci confezionano gustose salse dal sapore semplice, naturale, fresco.
Su queste strade, incontriamo due motociclisti, sui cinquanta, sono in viaggio da un anno, la loro vita è viaggiare, un anno di lavoro, un anno in giro per il mondo, arrivano dall’Australia, cavalcano un Super Tenerè, una di quelle moto che a noi Italiani non piacciono più, ma che ahimè sono tra le poche rimaste che le accendi e vai …
Sfuggiamo al caldo delle valli e quando scappi da qualcosa e ti infili dove nessuno di solito va a guardare trovi quasi sempre il tesoro nascosto, e a noi capita nuovamente nei dintorni di Edessa.
Il miracolo avviene in un campeggio che con le sue piazzole dotate di braciere in pietra e legna da ardere già tagliata e pronta, pare il luogo ideale per ospitare un Elefantentreffen Ellenico. La sera cala il freddo e noi, davanti ad un fuoco caldissimo ammiriamo la luna che di giorno in giorno pare sempre più piena.
Ma il caldo focolare lo abbiamo dimenticato presto, e anzi, avremmo voluto avere tra i nostri bagagli un condizionatore portatile, quando ci troviamo a dover oltrepassare il lago artificiale di Aliakmona, una lingua d’acqua stretta nella morsa di aspre montagne che abbiamo tentato di attraversare sfruttando mille sentieri sterrati visibili dall’alto.


Scendendo verso l’inferno. Quattro ore per riuscire ad oltrepassare il lago.
Prendendo l’asfalto ci avremmo messo pochi minuti.


Non è stata impresa facile, abbiamo sbagliato mille volte, passando dai 1200 metri di quota ai 200 in pochi chilometri di tuffo verso il lago, ci siamo trovati davanti ad una spiaggia cieca, davanti ad un muro di baracche che segnava la fine di un sentiero, e davanti ad un cancello posto impietosamente a sbarrare la traccia che attraversava un piccolo campo di grano nascosto. Montagne aspre, difficili e nervose, creste aguzze e frastagliate che rendono la vita dell’uomo in questi anfratti, molto dura. Le strade asfaltate girano alla larga, portano verso il ponte sospeso sul lago, a pochi chilometri da qui, ma a noi quello non interessa, noi volgiamo scoprire questo luogo, imparare a riconoscere i sentieri e vivere la montagna per quella che era un tempo, quando il ponte non esisteva e la strada era solo una. Quella che stiamo tentando di trovare.
E’stato tanto difficile quanto appagante, perché ritrovarsi sul terrapieno incastrato tra le nude rocce che ci ha permesso di oltrepassare il corso d’acqua è stato indimenticabile tanto quanto lo è stato il momento vissuto a pochi chilometri da qui, davanti ad un campo di pesche noci tentatrici, quando mi è finita la benzina.
Ma questo viaggio non pare finire mai di stupirci. Rimango affascinato, quando ci troviamo davanti allo spettacolo del monte Olimpo, dopo 50 o 60 km di percorsi tra i boschi, dopo aver aggirato una vetta appuntita come se fosse un cono rovesciato tornito dagli Dei. Il monte è davanti ai nostri occhi come un panettone servito su un piatto d’argento, la sua cima è accerchiata dalle nuvole come a proteggerne l’intimità.

L’Olimpo è lì, carico di tutto il suo fascino Pagano, sembra invogliarti a raggiungerlo, a toccarlo con mano, pare quasi un miraggio, forse lo è, ma noi ahimè non abbiamo tempo di andare a cercare l’altare di Zeus, il tempo stringe, e le lancette dell’orologio quando stai vivendo una vacanza ad un ritmo incalzante come questo corrono sempre troppo veloci. Troppo veloci.
Senza toccare mai l’asfalto, cercando tra i percorsi dei trattori e tra quelli dei pastori arriviamo nel primo vero posto turistico di tutta la nostra vacanza, le Meteore, coi suoi monasteri costruiti sulle famose rocce a pinnacolo nel cielo.


Ma dove porterà questo sentiero?

Ma qui, non ci vogliamo trattenere molto, sulla carta abbiamo già segnato il percorso di domani, tracciato che ci vedrà tentare di scalare le alte vette del Pindo, catena montuosa che ci ha già accolto il primo giorno della nostra permanenza in Grecia e ci ha riempito gli occhi di splendore.
E su queste montagne di una bellezza disarmante, con percorsi degni delle nostre blasonate vie del sale, mi pare impossibile che non vi sia nessuno, non incontriamo moto, non incontriamo camper, non incontriamo targhe straniere, qui i turisti non vengono, eppure la nostra nave era piena, colma di Italiani, Tedeschi, Francesi, dove sono? Tutti sulle isole, tutti accalcati nei soliti posti, come se si trovassero in un altro paese, forse inconsapevoli del fascino nascosto di questi luoghi che ci regalano ore di viaggio indimenticabili.


Si torna indietro. Non sempre le strade portano dove vuoi, ma spesso capita che siano franate.


Un percorso a 1800 metri, un primo passo sterrato che ci consente di scollinare una montagna calcarea nuda, un muro che dalle pendici sembrava invalicabile, insormontabile e che invece, siamo riusciti ad oltrepassare grazie ad un sentiero che pare un miracolo d’ingegneria stradale.
Poi ancora, per farci venir voglia di tornare, per farci sentire prima del tempo, la mancanza di questo posto, affrontiamo un tracciato scorrevole a bordo di un fiume. Nell’altra riva l’asfalto, ce ne accorgiamo, quando fermi per fare delle foto sentiamo il rumore di una e una sola auto, ma noi qui, soli, a respirare i profumi dei pini e abbracciati dall’ombra rinfrescante che ci offre questa valle.


Li troverete solo Mucche, ci disse il simpatico signore… e le abbiamo trovate…

Le montagne non sembrano mai finire, ma alcune non possono essere scavalcate, così ci ritroviamo in alta quota tra le mucche al pascolo, guardando il sentiero che corre in cresta, franato nella valle, chiuso per sempre, rendendo questo luogo un paradiso perduto, vissuto unicamente dai pastori e dalla natura padrona.
Ma tornare sui nostri passi non è mai un problema, ogni istante vissuto in questo percorso, illuminato da un angolo differente offre immagini uniche e indimenticabili.
Ma tutto ha una fine, e una settimana dura poco. Ma il mio regalo l’ho avuto, ho scoperto un angolo di un paese poco sfruttato dal turismo e che a me, amante della solitudine Africana ha donato una sana boccata di energia per affrontare la lunga attesa prima del prossimo viaggio.


Two Brum Brum ….

Simone Monticelli ( Smontic )

Link alle foto del viaggio [url]www.advrider.it/archives/1043[/url]
saluta

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